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Il terremoto è l'evento naturale più pericoloso

e spaventoso in quanto improvviso e non controllabile.

Ma si può prevedere? La ricerca scientifica della iAReSP

 

 

Allo stato attuale la risposta non può che essere che un deciso no ma dobbiamo comprendere cosa significa il termine “previsione” e cosa sta facendo la ricerca.

A differenza di altri fenomeni naturali, come ad esempio un violento temporale piuttosto che un uragano o uno spaventoso incendio, il terremoto arriva in un preciso istante senza alcun preavviso. Per preavviso non intendiamo un’eventuale sciame o degli eventi foreschock ma l’esatto momento in cui si manifesta.

Un violento temporale è preceduto da tuoni, nuovole nere ed è possibile prevederne l’arrivo anche grazie ai satelliti. Un incendio inizia in un determinato punto, si alza del fumo e poi si propaga seguendo la direzione del vento. Un alluvione è preceduto da tanta pioggia, ingrossamento dei fiumi e lo stesso Tsunami è preceduto da un terremoto.

 

Ma il terremoto da cosa è preceduto?
Comprendere in modo inequivocabile cosa sia un terremoto e perché si genera è davvero difficile se non altro perché avviene in un punto non accessibile, non visibile, nelle profondità della terra.
Grazie alla teoria delle Zolle sappiamo che i continenti si muovo, si scontrano fra loro e alcuni sprofondano sotto gli altri ma visivamente possiamo vedere solo ciò che avviene in superficie.

La faglia più famosa è quella di Sant’Andrea, in California, visibile in superficie oppure le scarpate di faglia che possiamo vedere sulla nostra Catena Appenninica.
Queste faglie, in realtà, non scendono in verticale ma scendono in modo obliquo per decine di chilometri con angolazioni diverse in base alle loro strutture geologiche.

Il terremoto lo percepiamo nel momento in cui si genera, o alcuni secondi/minuti dopo in base alla nostra distanza dall’epicentro, ma il processo che ha portato allo scuotimento è certamente iniziato giorni, mesi o addirittura anni prima.
Durante questo periodo, chiamato intersismico, le rocce si comprimono, si frantumano e quando sarà raggiunta la soglia massima di resistenza i due piani di faglia genereranno un brusco movimento che sarà tradotto in onde sismiche, quindi il terremoto.

Molti ricercatori nel mondo stanno provando a capire questo contorto ed invisibile processo identificandone i segnali precursori. Gli studi sono rivolti essenzialmente a fattori di natura chimica, quale l’emissione del Radon e di altri elementi, cariche elettrostatiche generate dalle frizioni rocciose, ionizzazione in atmosfera ma anche i movimenti misurabili dai satelliti.

Prevedere in modo preciso l’arrivo di un terremoto permetterebbe di salvare migliaia di vite umane, non certo le strutture, e sarebbe un risultato importante per l’umanità e un grande risultato per il mondo scientifico.

 

Una corretta previsione richiede l’individuazione di tre parametri fondamentali
a) Quando. Identificare in modo preciso una data con un margine di errore che non deve superare i tre giorni prima e dopo. Non sarebbe pensabile far uscire di casa decine di migliaia di persone per settimane o mesi senza alcuna certezza. 
b) Dove. La localizzazione epicentrale è determinante per prendere i giusti provvedimenti. Come per il “quando”, sarebbe impensabile mettere in allarme un territorio interegionale come ad esempio 3/4 regioni italiane. La zona epicentrale prevista non deve superare i 20/30 Km di raggio.
c) Quanto. Al momento, probabilmente, questo sarebbe il dato meno importante in quanto avendo già identificato i primi due parametri poco conta quanto sia la reale magnitudo del sima previsto. Ovviamente sarebbe assurdo, anche in questo caso, allarmare migliaia di persone per un evento di magnitudo 3.5 perciò sarà comunque importante, per una corretta previsione, che il margine di errore non superi il grado Richter.

Attualmente tutto ciò non è ancora possibile e l’unica certezza è quella che le zone già colpite da terremoti ne subiranno sicuramente altri.

 

Gli Studi della iAReSP
Attraverso due progetti di ricerca la iAReSP sta studiando ciò che avviene prima dei terremoti in modo particolare misurando le emissioni del Radon e i campi elettromagnetici.

Per ottenere importanti risultati sarà determinante l’installazione di numerose stazioni di rilevamento in aree ben circoscritte che permetteranno la raccolta di numerosi ed importanti dati da sottoporre agli elaboratori.

Questi dati saranno inseriti in appositi software il cui compito sarà quello di individuare le anomalie riscontrate e valutarne la ripetibilità negli eventi successivi.

Questo lavoro richiederà molto tempo ma sarà il primo passo per iniziare a comprendere quali siano i fenomeni comuni prima dell’arrivo di un terremoto.
S
arà determinante conoscere la complessa geologia dei territori sottoposti a monitoraggio, i tipi di faglia presenti e comprendere se a diversi tipi di movimento possano o meno coincidere gli stessi precursori. Ad esempio si è già riscontrato, grazie ad altri studi, che faglie di tipo inverso, cioè compressive, sviluppano maggiori emissioni di Radon rispetto alle faglie normali, estensive, caratteristiche della nostra Catena Appenninica.

Per un ulteriore approfondimento sul Radon vi invitiamo a leggere questo articolo.
«Il Radon come precursore»

 

 

 

 

 

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